Sin dalla sua fondazione K., la rivista si è interessata, talvolta con preoccupazione, al futuro e alle riconfigurazioni del legame che unisce gli ebrei all’Europa e l’Europa agli ebrei. Questa settimana vi presentiamo uno dei nostri interlocutori privilegiati in questa riflessione, l’Institute for Jewish Policy Research, con una intervista al suo direttore, Jonathan Boyd, fatta da Elie Petit. Ragionare su ciò che i dati…

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L'Institute for Jewish Policy Research è un ente britannico la cui missione è studiare e sostenere la vita ebraica in Europa. In questa intervista, Jonathan Boyd, il suo direttore, discute le principali sfide che l'ebraismo europeo deve affrontare in un momento di cambiamento e riflette su come misurare e comprendere l'aumento dell'antisemitismo.

Il 15 luglio 2006 Amos Luzzatto[1] scriveva un’articolata riflessione sulla crisi mondiale in atto. Era appena esplosa la cosiddetta seconda guerra del Libano, scatenata dal rapimento da parte di Hetzbollah di…

Se il messianismo rappresenta senza dubbio la più grave minaccia interna per il futuro di Israele, esso si declina tuttavia al plurale. Perle Nicolle-Hasid e Sylvaine Bulle l’affrontano qui nella diversità delle sue correnti partendo da una questione fondamentale: il rapporto con il sionismo realizzato, cioè con lo Stato. Ma che si tratti dei realisti che cercano di fare dello Stato uno strumento del messianismo, o che si tratti dei puristi che se ne distaccano per vivere secondo l’Israele ancestrale, il presente della redenzione schiaccia l’orizzonte del sionismo. 

Accusata dal ministro dell’Istruzione israeliano Yoav Kisch di «ideologia anti-israeliana», la sociologa Eva Illouz si è vista contestare l’assegnazione dell’Israel Prize. Torna sulla vicenda, denuncia la deriva autoritaria del governo Netanyahu e difende la sua posizione intellettuale critica, universalista e profondamente legata allo Stato di Israele. Per Illouz «questo governo si comporta come se coloro che lottano affinché Israele non diventi uno Stato paria fossero dei nemici».

In occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne, K. ha pubblicato un testo un po’ anomalo rispetto alla sua linea abituale. Una giovane donna ebrea ci ha inviato un manoscritto che, riprendendo il famoso SCUM Manifesto scritto nel 1967 dall’attivista femminista radicale Valerie Solanas, esprime con virulenza la sua rabbia nei confronti del mondo ebraico, sordo alle richieste di emancipazione delle donne. Questa rabbia è l’espressione politica che otteniamo reprimendo ciò che è pronto ad esplodere. 

Su impulso delle famiglie degli ostaggi e di gran parte della società civile, il 17 agosto sarà sciopero generale, per denunciare la strategia militare a Gaza, considerata un vicolo cieco e un aggravamento delle conseguenze della guerra per i civili palestinesi, per gli ostaggi e per i militari israeliani. Prima mobilitazione di ampia portata dopo la crisi relativa alla riforma giudiziaria nel 2023, fotografa la frattura politica in Israele. Bruno Karsenti vi legge il richiamo a questioni fondamentali: il principio fondante dello Stato ebraico e il futuro del progetto sionista.

Che fine ha fatto Odessa, un tempo soprannominata «stella dell’esilio» da Isaac Babel, dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina? Joseph Roche ci racconta come la comunità ebraica sta cercando di sopravvivere, nonostante la guerra e le partenze.

La storica Deborah Lipstadt è stata l’inviata speciale per il monitoraggio e la lotta all’antisemitismo per l’amministrazione Biden. In questa intervista racconta la sua percezione dei dibattiti che agitano gli Stati Uniti, tra il timore che Trump strumentalizzi la lotta all’antisemitismo e il rifiuto – da parte del campo progressista – di fare pulizia al proprio interno.

Lo spettacolo dell’estrema polarizzazione che sta infiammando la società americana, in particolare per quanto riguarda il suo sistema universitario, potrebbe farci dimenticare l’importanza che conserva la vecchia tradizione del pragmatismo liberale. L’intervista che ci ha concesso lo storico David Bell, professore a Princeton, ce lo ricorda, rifiutando sia di esagerare che di edulcorare il tema così divisivo dell’antisemitismo nei campus. Mentre Trump e le frange più radicali del progressismo universitario si contendono il diritto di sabotare l’università americana, David Bell indica il punto in cui la lotta contro l’antisemitismo e la difesa dell’università dipendono l’una dall’altra.

Yehudah Mirsky, intervistato da Danny Trom, ripercorre le radici intellettuali e spirituali del sionismo religioso dalle tensioni interne alle sue interpretazioni contemporanee. In filigrana emerge la figura del rav Kook – personaggio insieme mistico e visionario – oggi rivendicato punto di riferimento dalle espressioni tra loro più inconciliabili del sionismo religioso israeliano. Lungo il percorso una domanda: come ha potuto una corrente nata da un ideale di riconciliazione tra tradizione e modernità avere una deriva tale da diventare vettore di un messianismo nazionalista aggressivo?