In occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne, K. ha pubblicato un testo un po’ anomalo rispetto alla sua linea abituale. Una giovane donna ebrea ci ha inviato un manoscritto che, riprendendo il famoso SCUM Manifesto scritto nel 1967 dall’attivista femminista radicale Valerie Solanas, esprime con virulenza la sua rabbia nei confronti del mondo ebraico, sordo alle richieste di emancipazione delle donne. Questa rabbia è l’espressione politica che otteniamo reprimendo ciò che è pronto ad esplodere.
Non leggete questo testo se siete uomini con un ego gonfiato smisurato.

Dedico gran parte del mio tempo a un compito impossibile: sloggiare gli uomini dal centro della mia vita. Ma in onore della Giornata internazionale della donna (menzioniamo i loro diritti, mi raccomando…) – una farsa che ricorda dolorosamente e a malapena all’altra metà dell’umanità la nostra esistenza monca – cogliamo l’occasione per ricordare a noi stessi i motivi per cui è ancora necessario tentare questa faccenda assurda e sfibrante. E poiché la comunità ebraica, quella a cui appartengo, emargina le donne non meno del resto della nostra società (il pretesto di Dio, della tradizione o dell’assimilazione non è una scusa valida) vi accompagno in un breve tour dell’universo maschile ebraico.
Potrei limitarmi a criticare le correnti più conservatrici e arcaiche della nostra comunità, ma sarebbe disonesto. Come se la misoginia fosse solo la fantasia di pochi rabbini retrogradi… È facile individuare i pilastri patriarcali che tengono su la mechitzah[1] tangibile e metaforica in mezzo a noi. Un certo modo di vestirsi e restrizioni sulla voce che vengono impiegati per evitare il pericolo incombente della seduzione – è risaputo che tutte le donne ebree vogliono solo scopare e che quei poveri, poveri uomini non hanno volontà propria. Ringraziamo Dio per tutti i rabbini che hanno rimproverato le ragazze lungo il cammino. O semplicemente per la discriminazione strutturale e istituzionale che nega alle donne lo stesso livello di istruzione, partecipazione alla comunità e opportunità dei circoncisi.
Tuttavia, l’atmosfera di degrado (scum) infetta tutte le nostre strutture comunitarie, professionali e personali, le denominazioni, l’ebraismo laico, intellettuale e culturale.
È risaputo che tutte le donne ebree vogliono solo scopare e che quei poveri, poveri uomini non hanno volontà propria.
La bellezza dell’appartenenza e del senso di comunità nell’ebraismo porta con sé la paura, nutrita dalla mancanza di conformità che ti indottrina ad avere paura dell’anticonformismo. La pressione ad allinearsi con il branco comunitario e la linea di partito esplicita o implicita imposta dall’alto significa che qualsiasi inclinazione a sconfinare al di fuori degli schemi ristretti e illogici del giudaismo nel migliore dei casi ti provoca un penetrante senso di disagio e, nel peggiore, ti esclude o ti trasforma in perenne oggetto di pettegolezzi. Le differenze di opinione non sono tollerate, tanto meno quando provengono dalle donne. Le donne che chiedono un posto migliore a tavola o anche solo un posto sono bollate come sottoprodotti problematici e isterici di un mondo ebraico adiacente a o apparentemente integrato nella società moderna, desiderose di minare le fondamenta di migliaia di anni di unità e sopravvivenza. Per quanto riguarda gli uomini che cercano di essere alleati o di fare da stampella all’esperienza femminile ebraica, spesso agiscono con le loro riserve, che alla fine dovrebbero andare oltre il vero desiderio di uguaglianza. «Tutto a tempo debito…» Giusto? «Non si può forzare un cambiamento così rapido…” GiuSTO» «Dovresti essere più grata per ciò che questa comunità ha già fatto per te, per come ti sto aiutando…» GIUSTO? E i pochi, pochissimi uomini che pur non vivendo mai l’esperienza opprimente delle donne ebree cercano di offrire i propri privilegi dove possibile e di cedere il loro spazio sono alla fine visti come traditori plagiati ed evirati, che portano alla caduta di quella “struttura” ebraica che presumibilmente ci fa respirare tutti. Anche se l’aria è piena della nostra lenta e imminente morte per continuità.
Nessuno può negare che, quando si tratta di questioni legate al femminismo, il mondo ebraico si crogiola nell’ignoranza, con la coscienza pulita e colma di arroganza. Non voglio più sentir sbandierare i pochi esempi di donne riuscite nell’impresa di infiltrarsi nel pantheon dell’ebraismo contemporaneo come se non fosse già abbastanza insultante dover lottare per un posto in loggione. Ora ci sono dei casi in cui la comunità non è guidata solo da uomini, capita che ci sia una voce non maschile a cui viene dato spazio per gli insegnamenti ebraici o un ente di beneficenza con una donna al timone. Questo ovviamente negli spazi più mainstream, dove siamo tutti così grati a un Davide o a un Moishe che non ci hanno chiuso la porta in faccia. E naturalmente le donne possono lavorare nelle organizzazioni caritatevoli perché non sono forse già nate col gene della cura e pronte a servire, e salvare ciò che gli uomini hanno distrutto nel corso dei secoli?
Beh, sono vengono considerate un fastidio, una minaccia, un mero granello di polvere che – ai margini dell’esperienza ebraica globale – spicca come un’anomalia. L’ebraismo, quello vero, l’unico legittimo, è ovviamente maschile. Il resto è solo rumore di fondo, che si spera venga presto messo a tacere. Può essere divertente scoprire iniziative dal basso, trovare uno spazio dove altri condividono alcune o tutte le tue lamentele lagnanze e le tue lotte. Eppure è estenuante essere esclusi dal mainstream perché farti in quattro ad oltranza pur di ricavarti una nicchia sta svuotando le tue energie.
Come possiamo rispettare noi stessi quando dobbiamo continuamente rinunciare ai nostri obiettivi e aggiungere virtù che non abbiamo mai desiderato?
Per secoli alle donne ebree è stato detto che occupano una posizione elevata e più sacra. Che sono esentate dalla maggior parte degli obblighi religiosi legati al tempo perché sono già così vicine a Dio. Che se rimangono al loro posto saranno ricompensate con il rispetto. Come possiamo rispettare noi stesse quando dobbiamo continuamente ridimensionare i nostri obiettivi e aggiungere virtù mai desiderate? Non mi interessa se credete che l’ebraismo sia l’unica vera religione data da Dio o se lo considerate solo una delle tante sette sorte migliaia di anni fa semplicemente riuscita a usurpare le altre, affermandosi accanto ad altre credenze: ciò che conta è che si tratta solo di un altro sistema di potere e controllo collettivo. Tutto è iniziato con la disuguaglianza di genere, ma non è questo il momento di attaccare briga con i nostri antenati. Mi piaccia o non mi piaccia la rappresentazione per lo più monodimensionale che i nostri testi danno di tutte le donne, non è davvero rilevante per la confessione di oggi. Ciò che mi infastidisce è come quelle storie e quegli stili di vita antichi siano stati trasformati in tradizioni rigide con l’aggiunta di strati, requisiti e specifiche che, stranamente, impongono più restrizioni alle donne che agli uomini. Mi chiedo perché… Chissà come mai…
Provo un amore profondo per le donne che trovano conforto e prosperano nei modelli di pratica e vita comunitaria in cui siamo state coscritte. In un’altra vita ho condiviso molto con loro, mi è piaciuto sfiorare il confine tra ciò che era permesso e il resto. In un certo senso lo faccio ancora. E la struttura fornisce una direzione, offre conforto. Ma non posso più accettare la gabbia dorata in cui siamo nate. Non lo auguro né a me stessa né a nessun altra. Non fraintendetemi: nel patriarcato, nemmeno nella sua versione ebraica non vince nessuno. La bellezza del dedalo patriarcale è che sfuggendo a una gabbia semplicemente si cade in un’altra. Oh, come desidero semplicemente esistere.
La bellezza del labirinto patriarcale è che sfuggendo a una gabbia semplicemente cadrò in un’altra.
D’altra parte, la religione fornisce un quadro di riferimento e permette agli uomini di soddisfare il loro bisogno malato di dominare le donne e chiunque non si conformi alla loro visione fallocentrica, eteronormativa e cisgender delle relazioni umane. Fornisce alibi e scuse per problemi che vengono alimentati e accettati come status quo. A questo proposito: se non riesci a tenertelo nei pantaloni, forse dovresti mettere in discussione la tua esistenza.
Troppe sono le storie di autorità ebraiche maschili che abusano del loro potere e della loro posizione per adescare, molestare, aggredire e violentare. In realtà, la parola autorità è quasi superflua in questo contesto. Basta guardare alla Germania, alla Francia o al Regno Unito, per citare solo alcuni casi del recente passato. Anche se non sarebbe difficile nominarne altri in Europa e nel mondo. Ma gli occhi restano chiusi, le orecchie tappate e i pugni pronti a battersi contro qualsiasi perturbazione che possa scuotere la barca della “sana” vita comunitaria. Questi episodi vengono sempre trattati come casi isolati ed è più facile quando le voci diventano così forti che non è più possibile voltare le spalle alle vittime. E anche allora è l’uomo><a che riceve la grazia e la benevolenza generale della comunità, gli vengono concesse un milione di seconde possibilità e, naturalmente, sono solo le sue azioni concrete a essere messe in discussione. Perché come osa una donna cercare di detronizzare il rabbino accogliente e premuroso, il membro spiritoso e intellettuale della sinagoga, il giovane eroico attivista che combatte l’antisemitismo… L’elenco la lista potrebbe continuare e tutti conosciamo qualcuno così. Non osate distogliere lo sguardo.
Per quanto sia scomodo per voi affrontare la realtà a testa alta, tagliare legami a cui tenete molto o impegnarvi in un esame di coscienza collettivo o franche conversazioni, vi assicuro che non è nulla in confronto a ciò che ha dovuto soffrire la donna, colei che ora si porta dietro il trauma e le ripercussioni di ciò che un tempo era una persona innocua e uno spazio ebraico sicuro e che continuerà a ricordare il suo orrore personale e a doverlo elaborare infinite volte ancora e ancora. Perché le nostre comunità preferiscono, sopra ogni altra cosa, dare priorità all’integrità dell’ego maschile.
La ristrettezza mentale degli uomini, incapaci di vedere al di là del loro orizzonte limitato, distorto e senza senso – il risultato di secoli di opprimente supremazia che ha mantenuto il loro cervello in uno stato di sottosviluppo cronico – è allo stesso tempo ridicola, prevedibile e mozzafiato. Questo comportamento puerile, il rifiuto di comprendere che un passo verso l’uguaglianza alla fine va a vantaggio di tutti, mi fa arrabbiare così tanto che a volte sarei felice di affrontarti nel parco giochi e sbatterti la testa contro quel tuo amato palo della porta. Non posso dire di non averlo già fatto quando ero solo una ragazzina ebrea… Ma già allora ricordo di essermi sentita guardata con desiderio dagli altri gli occhi dei ragazzi addosso e che quella rabbia assumeva una sfumatura sessuale al quale non c’era scampo.
La ristrettezza mentale degli uomini, incapaci di vedere oltre il loro orizzonte limitato, distorto e privo di senso, risultato di secoli di supremazia opprimente che ha mantenuto il loro cervello in uno stato di sottosviluppo cronico, è ridicola, prevedibile e sbalorditiva allo stesso tempo.
Non importa da che parte ti giri in quanto donna, tu sei sesso. Alzo la voce, pretendo ciò che è mio, mi ribello alla norma: vengo bollata come una donna aggressiva che in realtà vuole solo essere dominata dai cazzoni alla giudìa che mi circondano. Mi comporto bene, assento, tengo la bocca chiusa: sono la ragazza della porta accanto, che nasconde una bestia sexy che aspetta di essere liberata per il tuo piacere. Ma Dio non voglia che le donne esprimano un briciolo di desiderio sessuale. Chiudete tutto a chiave e raddoppiate la tzniut[2].
Tutto ruota intorno al sesso. Tranne il sesso, il sesso riguarda il potere.
Non c’è rifugio sicuro nella sinagoga, nella sala del consiglio, in camera da letto, al circolo del kiddush. Non venite da me con il vostro rifugio di facciata del gruppo delle signore di Rosh Chodesh. O la celebrazione annuale di Ester, Ruth e compagnia bella come vere eroine della nostra storia e continuità ebraica. Ma va? Le donne sono l’unica ragione per cui esistete voi, la vostra comunità e la storia così com’è. Perché noi c’eravamo fin dall’inizio, abbiamo dovuto sopportare le vostre stronzate e rimediare ai vostri errori. E non osate mettere le mie ragazze, Lilith ed Eva, l’una contro l’altra. Guardatevi allo specchio prima. E poi scavatevi la fossa da soli.
Valeria Solanstein
Notes
1 | La mechitzah (in ebraico: מחיצה, divisorio o separazione) è la separazione fisica tra uomini e donne nelle sinagoghe tradizionali. (NdT) |
2 | Tzniut (ebraico: צניעות) è un campo del pensiero e della legge ebraica che si occupa in senso lato della modestia e della decenza (principalmente per le donne) e, in senso più ristretto, delle relazioni sociali e intime tra uomini e donne. (NdT) |