# 25 / Editoriale

Dopo una campagna elettorale attraversata da polemiche incandescenti, Zohran Mamdani è stato eletto sindaco di New York. Una vittoria che sancisce l’ascesa di una nuova generazione di attivisti all’interno del partito democratico, fondata su rivendicazioni economiche e sociali nette capaci di organizzare un’opposizione frontale all’amministrazione Trump. Ma questa elezione riflette anche un mutamento nei rapporti tra i Democratici e Israele. Mamdani ha sempre adottato una posizione dichiaratamente antisionista, portando la questione al centro del dibattito politico americano.

Donald Trump d’altronde non ha perso tempo: con la sua consueta sottigliezza, ha definito “stupidi” gli ebrei newyorkesi che hanno votato Mamdani. Ma chi guarda con più attenzione sa che non si tratta solo di un insulto, bensì di un indicatore inquietante della frattura generazionale e ideologica che attraversa la più grande città ebraica americana. Sébastien Lévy questa settimana, scandaglia le domande poste da questo risultato: il voto degli ebrei, le divisioni tra generazioni, il loro rapporto con un partito democratico che è stato a lungo la loro casa politica ma i cui sviluppi attuali destano crescenti preoccupazioni.

Dopo il contributo di Denis Charbit, che la settimana scorsa ha ricordato il contesto dell’assassinio di Rabin e ne ha interrogato l’impossibile commemorazione, Ilan Greilsammer si concentra sull’eredità politica del leader assassinato. A trent’anni dall’omicidio, cosa resta del campo della pace? Quali conclusioni trarre sugli obiettivi perseguiti da Rabin, mentre la destra spartana sembra avere la meglio e blocca ogni prospettiva di pacificazione tra israeliani e palestinesi? E come si inscrive in questo quadro la guerra a Gaza? A tutte queste domande Greilsammer risponde con lucidità, e con un tono preoccupato, volgendo lo sguardo alle decisive elezioni del 2026.

In contrasto con l’analisi di Lévy ripubblichiamo l’articolo di Jean-Claude Milner dello scorso marzo sull’evoluzione dei rapporti tra Stati Uniti e Israele. Già allora Milner denunciava la messa sotto tutela americana di Israele e la progressiva trasformazione in direzione WASP dell’ebraismo americano. Alla luce dell’allontanamento degli ebrei americani dal sionismo, ricordato da Lévy, la straordinaria lucidità di questa diagnosi appare oggi ancora più evidente.

L’elezione di Zohran Mamdani a sindaco di New York, che ne fa il primo sindaco apertamente antisionista della metropoli, va ben oltre i confini della politica municipale. Questo successo, sostenuto da una gioventù progressista e da una parte significativa degli ebrei americani, rivela la profondità delle fratture generazionali e ideologiche all’interno dell’ebraismo americano. Tra il crescente distacco da Israele, l’aumento dell’antisemitismo e la trasformazione del Partito Democratico, la vittoria di Mamdani agisce come un rivelatore impietoso di un mondo ebraico americano in piena crisi d’identità.