# 19 / Editoriale

Una caratteristica dei grandi uomini è compiere grandi gesti davanti alla Storia. È senza dubbio ciò che Emmanuel Macron aveva in mente quando ha annunciato il riconoscimento dello Stato di Palestina, seguito (o preceduto) da diversi altri Paesi. Gli accesi dibattiti che ne sono seguiti hanno avuto il merito di ricordare che le difficoltà nel conciliare le preoccupazioni per la sicurezza di Israele e il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione – questioni ugualmente legittime – non sono né nuove né evitabili. Nonostante le migliori intenzioni che stanno dietro a questo riconoscimento, intenzioni che non si possono che condividere, resta il fatto che esso deve essere valutato nella sua capacità di raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. È ciò a cui si è dedicata questa settimana, dopo accese discussioni interne, la redazione della rivista K., divisa tra speranza e disillusione.

Oui, l’ultimo film del regista israeliano Nadav Lapid, ha affascinato la critica e il pubblico al Festival di Cannes. No, probabilmente non è stato per le sue qualità cinematografiche intrinseche: il discorso mediatico di Lapid, che non esita a fare il profeta di sventura, sembra fatto apposta per sedurre i francesi, il cui rapporto con la cultura israelian è caratterizzato da un misto di curiosità, rifiuto e ignoranza. Laure Abramovici torna sul percorso di Lapid e sulle tensioni interne a un’opera che si divide tra Israele e l’Europa. Le aspettative della critica francese nei confronti del cinema israeliano si confrontano con ciò che Lapid ha effettivamente da offrire, pur con il rischio di malintesi.

In occasione dell’uscita del suo ultimo libro, Les paradoxes de l’intégration. L’Europe et les Juifs (pubblicato da Calmann-Lévy), Bruno Karsenti ha dialogato con Ruben Honigmann al MahJ, il Museo d’arte e di storia dell’ebraismo di Parigi. Rendiamo qui disponibile la registrazione di un incontro in cui molto si è parlato del legame tra l’integrazione degli ebrei nello Stato-nazione moderno e il futuro politico dell’Europa. Una questione consustanziale a K., la rivista che ci pare sia più attuale che mai, in un momento in cui tale legame minaccia di disgregarsi.

Tra sostenitori convinti e detrattori accaniti, il riconoscimento dello Stato palestinese cristallizza posizioni nette. Le rispettive argomentazioni sono difendibili, mirano sia alla sicurezza di Israele che al diritto dei palestinesi all’autodeterminazione, ma la sfida è capire quali siano le reali conseguenze di un simile gesto: una dichiarazione di principio ha ripercussioni sul futuro?