# 16 / Editoriale

Come ultimo appuntamento prima della ripresa vi presentiamo il dossier K.onversazioni, una raccolta di interviste tratte dai nostri archivi, occasione per riscoprire testi già pubblicati, e magari condividerli con chi ancora non conosce K., la rivista. Il nostro archivio è aperto, vi invitiamo a curiosare tra le centinaia di testi pubblicati in oltre quattro anni di impegno. 

Da molti mesi oramai, però, si attende ancora quella ventata di aria fresca che ci consentirebbe di respirare in questo clima di stallo. Nonostante tutte le nostre speranze “stagnazione” e “blocco” sono le parole del momento. Perché è un fatto , ripetuto ad nauseam: la guerra a Gaza si protrae, nonostante le proteste di una buona parte degli israeliani e ogni giorno sembra mostrare in maniera più spietata la deviazione dall’ideale sionista. Bisogna far ripartire il ragionamento dalla realtà e soffermarsi proprio sulla situazione di stallo: un testo inedito di Danny Trom si dedica proprio alla diagnosi di questo fenomeno. Vi si parla del lamento ebraico nella sua forma tradizionale, quei kinot che testimoniano l’impotenza di un popolo in esilio.

DOSSIER K.onversazioni

Apriamo il dossier K.onversazioni con due testi in italiano: l’intervista alla sociologa Eva Illouz che, accusata dal ministro dell’Istruzione israeliano Yoav Kisch di «ideologia anti-israeliana», si è vista contestare l’assegnazione dell’Israel Prize. In quella a Steven J. Zipperstein, intitolata “Chișinău, 1903: dal pogrom al mito”, si ripercorre la storia di un massacro che da questione locale si è trasformato in un trauma globale capace di segnare la coscienza ebraica moderna. Con la regista Ruth Beckermann la riflessione è incentrata su quel  mix di attivismo politico ed ebraismo che percorre la sua ricca filmografia, mentre Daniel Cohn-Bendit collega le questioni dell’identità alle riflessioni sugli eccessi dell’antisionismo, ma anche alla lotta contro di esso. Etgar Keret, scrittore, traduce in parole il senso di perdita della realtà che colpisce la società israeliana, impantanata in una guerra senza orizzonti, e Nathalie Azoulai, in un podKast, torna su due suoi romanzi che a distanza di due decenni tracciano un ritratto contrastato della condizione ebraica in Francia.

Accusata dal ministro dell’Istruzione israeliano Yoav Kisch di «ideologia anti-israeliana», la sociologa Eva Illouz si è vista contestare l’assegnazione dell’Israel Prize. Torna sulla vicenda, denuncia la deriva autoritaria del governo Netanyahu e difende la sua posizione intellettuale critica, universalista e profondamente legata allo Stato di Israele. Per Illouz «questo governo si comporta come se coloro che lottano affinché Israele non diventi uno Stato paria fossero dei nemici».

In Pogrom. Kishinev and the Tilt of History pubblicato da Liveright nel 2018 e da poco uscito in francese per i tipi di Éditions Flammarion, Steven J. Zipperstein ripercorre la storia del massacro di Chișinău, una questione locale trasformatasi in un trauma globale che ha segnato la coscienza ebraica moderna. Non semplice storia di un episodio violento, il testo di Zipperstein racconta come un pogrom – ampiamente pubblicizzato, interpretato e anche mitizzato –  abbia condizionato la storia ebraica contemporanea. Il massacro di Chișinău ha spinto l’ascesa del sionismo, innescato una mobilitazione globale, e dopo aver ispirato letteratura e stampa si è trasformato in paradigma della vulnerabilità ebraica. Lo storico americano usa microstoria e analisi culturale, smontando ogni interpretazione semplicistica e mettendo in discussione la distorsione della memoria spiega come un singolo dramma ha cristallizzato le principali tensioni politiche, sociali e simboliche del XX secolo ebraico.