Approfondimenti

Nelle pieghe di un dibattito ormai logorato dal peso delle sue stesse parole, l’intervento di Gadi Luzzatto Voghera arriva come un tentativo necessario di riallineare lessico e realtà. Se il Novecento ha consegnato alla coscienza collettiva il termine antisemitismo – oggi incapace di restituire la complessità e le metamorfosi dell’odio antiebraico – il presente richiede un nuovo vocabolario. Nel proporre di usare un altro termine – Gadi Luzzatto Voghera propone “J-Hate” – Luzzatto Voghera non compie un atto di rottura ma di responsabilità: riconoscere che le categorie ereditate non bastano più e che solo un linguaggio rinnovato può evitare che l’incomprensione generazionale, politica e culturale diventi una frattura irreparabile.

Essere ebrei è una finzione, una messa in scena? Coinvolto nell’eccentrico gioco tra due mendicanti, Ruben Honigmann si diverte a lasciarsi destabilizzare fino a mettere in discussione la propria identitĂ .

Alla cerimonia di conferimento del Premio Internazionale Primo Levi, a Genova, lo scrittore americano Jonathan Safran Foer ha tenuto una lectio magistralis incentrata sui concetti di memoria, responsabilitĂ  e indifferenza. Citando i morti a Gaza ha invitato i presenti a mantenere alta la vigilanza morale di fronte alla sofferenza del mondo, a non considerare le difficoltĂ  un ostacolo bensì un punto di partenza e a trasformare i problemi in uno stimolo a ritrovare la forza etica e soprattutto a non trasformarsi in ombre…

A dicembre 2024 la redazione di K. ha portato la rivista a teatro. Il tema della serata, che ha visto la redazione alternarsi sulle tavole del palcoscenico, era “L’ultimo degli ebrei”. Ci sono state interviste dal vivo, video, letture e interventi musicali, e Ruben Honigmann ha proposto un ragionamento sulla fine infinita. Questo il suo testo.