L’ora della sinagoga. Storia quasi dimenticata di due villaggi svizzeri

Reportage fotografico in Svizzera

 

In Svizzera due villaggi, in cui non ci sono praticamente più ebrei, conservano le tracce di una storia a lungo dimenticata: Endingen e Lengnau sono stati per secoli gli unici luoghi in cui era loto permesso avere residenza. Sinagoghe al centro del villaggio, case a doppia porta, miqweh, cimitero: un mondo di equilibri fragili e convivenza forzata. La giornalista Évelyne Dreyfus e il fotografo Éric Béracassat sono tornati su queste terre, dove un tempo era la sinagoga a scandire le ore e dove ancora sopravvive, nelle pietre e nei nomi, la memoria di una comunità quasi cancellata.

 

 

Nel cantone Argovia, in Svizzera, sulle terre degli Asburgo che per tre secoli hanno fornito al Sacro Romano Impero tutti i suoi imperatori e che videro nascere anche il ramo americano della famiglia Rothschild e il regista William Wyler, si distinguono ancora oggi quelli che sono stati due irriducibili villaggi ebraici. Dal XVII al XIX secolo, con le restrizioni allora in uso su proprietà terriera e attività professionali, Endingen e Lengnau furono gli unici luoghi in tutta la Svizzera dove agli ebrei era concesso il diritto di residenza permanente.

Oggi vicino ai grandi cimiteri dei due villaggi vive un solo ebreo: Jules Bloch. La casa di riposo ebraica accoglie pensionati cristiani. Alcuni ebrei, le cui famiglie provengono da Endingen e Lengnau, continuano a farsi seppellire nei paesi d’origine. La giornalista Évelyne Dreyfus e il fotografo Éric Béracassat vi si sono recati per K, la rivista.

La prima sorpresa arrivando a Endingen: a scandire le ore era la sinagoga. Il grande orologio è ancora funzionante, ma le campane, collocate sotto il frontone a forma di Tavole della Legge, sono silenziose. Qui, dove il sessanta per cento della popolazione era ebraica, non c’erano chiese, solo la sinagoga.

 

 

I villaggi gemelli di Endingen e Lengnau (tra Basilea e Zurigo), che condividono il cimitero ebraico più antico della Svizzera, dove si trovano circa 2 mila e settecento tombe, furono gli unici luoghi di residenza permanente autorizzata per gli ebrei dalle autorità locali del contado di Baden fino al 1866. Un compromesso legato al ruolo di intermediari commerciali che gli ebrei tenevano in questa zona, una sorta di equilibrio tra il divieto generale di residenza e una tolleranza limitata.

 

 

Le sinagoghe di Lengnau, risalenti al 1750, così come quella di Endingen del 1764, si ergono ancora con fierezza al centro di ciascun villaggio.

 

 

Una porta per i cristiani, un’altra per gli ebrei.

 

 

Queste Doppeltüre, porte doppie, evidenziano il divieto per gli ebrei di possedere terreni, durato fino alla fine del XIX secolo. Dipendevano da lettere di tolleranza che erano tassate e rinnovabili; non avevano il diritto di possedere terreni agricoli né intere case. Per aggirare il divieto così gli edifici di Endingen e Lengnau erano spesso costruiti con due porte distinte: una per la famiglia ebraica, una per la famiglia cristiana. Gli ebrei erano tollerati come ambulanti, prestatori di denaro, commercianti di bestiame o rigattieri, tutti mestieri percepiti come marginali

 

 

Oggi questa particolarità ha persino ispirato un panettiere locale, che si è inventato una specialità chiamata “Doppeltürli”. Una doppia porta di cioccolato svizzero…

 

 

Quando è stato necessario abbattere l’antico panificio in rovina, che produceva di matzot, si è costituita l’Associazione Doppeltür, un collettivo seguito poi da una fondazione che porta lo stesso nome, con l’obiettivo di salvare il patrimonio ebraico dei due villaggi e creare un percorso culturale, realizzato nel 2023. La vecchia scuola ebraica è stata conservata e ne è diventato il centro amministrativo.

 

 

Le sinagoghe di Lengnau, che risale al 1750 e di Endingen (1764) dominano ancora i centri dei villaggi. Anche i due miqweh (i bagni rituali) sono stati preservati.

 

 

A Lengnau, un miqweh riservato alle donne era stato costruito nel 1848; prima di allora, il miqweh era nel seminterrato di quella che sarebbe diventata la futura panetteria di matsot. A Endingen, invece, il miqweh si trova in un piccolo edificio in pietra sopra la Brunnenwiese, un corso d’acqua locale, che garantisce l’accesso a un’acqua “viva”, come richiede la tradizione. Entrambi fanno parte del percorso patrimoniale e del “cammino dell’ebraismo” che è stato creato nei due paesi.

Questo è il miqweh di Endingen.

 

 

Il cimitero, comune ai due villaggi, accoglie ancora i visitatori.

 

 

…e quel giorno, in questi paesi oramai privi di ebrei, ci è parso di assistere a un’apparizione.

 

 

 

Mentre stavamo per chiudere la porta della sinagoga, è comparso un gruppo di hassidim, ci hanno detto di essere arrivati da Israele, e da Londra.

 

 

Dirigendosi al cimitero avevano scoperto per caso, parcheggiando a Lengnau, la sinagoga, dove non manca neppure un banco né una lampada.

 


Visitano i loro antenati o sono in pellegrinaggio?

 

 

Al cimitero ci sono circa 2 mila e 700 tombe, alcune risalgono al XVII secolo,  dimora finale di alcuni ebrei della Svizzera o altrove, originari dei due villaggi.

 

 

Quella che cercavano era la tomba del rabbino Ris. Raphaël Ris (noto anche come Raphaël Hagenthal) era originario dell’Alsazia. Un grande cabalista che diresse una yeshiva a partire dal 1784 e fu chiamato a Endingen/Lengnau, dove rimase fino alla sua morte, nel 1813.

 

 

Esiste oggi un percorso culturale ufficiale che collega i due villaggi, ed entro il 2027 sarà integrato anche un centro culturale e didattico, che attualmente è in fase di allestimento e che costituirà il punto di partenza. 

Il futuro “Zentrum Doppeltür”, ospitato in un antico edificio commerciale un tempo gestito da ebrei, fungerà da punto di informazione e da porta d’ingresso al “Cammino dell’ebraismo”.

 

 

Per quanto tempo ancora ci ricorderemo che un tempo a Lengnau e Endingen esisteva una comunità ebraica viva, l’unico luogo in cui gli ebrei potevano stabilirsi in Svizzera?

 


Évelyne Dreyfus (testo) e Éric Béracassat (immagini)

 

Éric Béracassat è un fotografo nato a Parigi e cresciuto a Casablanca. Ha iniziato la sua carriera come giornalista all’AFP e oggi lavora come fotografo, con l’agenzia Gamma-Rapho, oltre a essere membro dell’agenzia Hans Lucas. Si occupa oggi di turismo, in tutte le sue forme, di Sicurezza Interna, salute, arte di vivere ed economia.

Évelyne Dreyfus è giornalista. Ha lavorato nel servizio pubblico in Alsazia (radio e televisione, France 3), prima di collaborare nel settore della musica classica con grandi direttori d’orchestra. Tornata alla parola scritta, ha ricoperto diversi ruoli come responsabile di rubriche e redattrice capo. Autrice del documentario Les Fantômes de Kippenheim, vi racconta il ritorno, sessant’anni dopo, dei sopravvissuti ebrei tedeschi nel loro villaggio natale. Oggi si dedica alla stampa di settore turistico.