Tutti gli articoli di Benjamin Balint & Léa Veinstein
Benjamin Balint è oggi conosciuto soprattutto per il suo Kafka’s Last Trial: The Case of a Literary Legacy (Pan Macmillan, 2018), documentata e avvincente ricostruzione della complessa vertenza che ha portato i manoscritti di Franz Kafka dall’Europa in Israele. Studioso delle grandi figure della cultura ebraica e mitteleuropea e del complesso destino delle loro eredità Balint torna ora sull’onda di una nuova indagine: quella dedicata a Bruno Schulz, con il suo più recente Bruno Schulz: An Artist, a Murder, and the Hijacking of History (W. W. Norton & Company, 203). Qui ripercorre per K. la vita dell’artista-scrittore ebreo polacco e racconta la sorprendente sorte di parte della sua opera: affreschi originariamente realizzati nelle camere per bambini di un ufficiale nazista, riscoperte, sottratte a un oscuro destino da agenti israeliani e infine esposte a Yad Vashem. Non soltanto un’intervista: è un invito a riflettere sull’eredità culturale, sulla memoria collettiva e sul significato spesso ambiguo e controverso che assumono gli oggetti artistici e letterari nei momenti storici più turbolenti. Perché, come insegna il caso Kafka, l’identità di un autore e il “diritto di appartenenza” alla sua eredità non è mai un fatto puramente letterario: è anche sionismo, diaspora, storia, politica. E ora, con Schulz, quella domanda ritorna con nuove ombre e nuove domande. Non solo il destino di un artista, ma quello della memoria stessa.